Nell’ultimo periodo, in relazione al tanto agognato “Superbonus 110%”, si affronta spesso il problema degli abusi edilizi.

Molte persone hanno la convinzione che la difformità urbanistico/edilizia sia sanata ex lege se l’abuso sia stato realizzato prima del 1967. Ovviamente non è cosi!!!

Nelle riunioni condominiali a cui partecipo cerco sempre di spiegare qual è la situazione reale in quanto noto una enorme confusione sul tema, e questo è il motivo che mi ha spinto a scrivere questo articolo. La questione, in via generale, è di notevole rilevanza perché interessa anche gli atti di compravendita aventi ad oggetto beni immobili.

In primis, premetto che i titoli abilitativi con cui possono essere autorizzate le costruzioni di edifici sono:

  • Licenza Edilizia: dal 1942 con la Legge 17 agosto 1942, n. 1150;
  • Concessione Edilizia Onerosa: dal 1977 con la Legge 28 gennaio 1977, n. 10;
  • Permesso di Costruire: dal 2003 con il TUE – DPR 380/01

Quando viene rilasciata dal Comune una concessione in sanatoria (che è un istituto giuridico che produce effetti sananti rimuovendo l’illegittimità ed i vizi rendendo l’atto o il fatto valido ed efficace), la parte procede anche a presentare domanda di condono edilizio, che è necessaria per rendere un immobile regolare dal punto di vista urbanistico-edilizio. E’ bene sottolineare che in Italia ci sono stati tre condoni edilizi: 1985, 1994 e 2003.

Per verificare se un immobile è dotato della conformità urbanistica bisogna confrontare lo stato di fatto con il progetto depositato negli archivi comunali. Se quindi un edificio è stato realizzato in maniera difforme al progetto presentato al Comune, o modificato dopo la sua costruzione, non è possibile ottenere la conformità urbanistica dell’immobile.

In tema edilizio/urbanistico, quando si parla dell’anno 1967, è perché si fa riferimento alla Legge n. 765 del 1967, cd. Legge Ponte. Con tale legge è stato esteso a tutto il territorio nazionale l’obbligo di titolo abilitativo che, per i centri urbani, risultava già introdotto dall’art. 31 legge n. 1150/1942 e che, per le principali città-capoluogo, era già in precedenza previsto nei rispettivi regolamenti edilizi (ad es. 1934 per Roma e 1935 per Napoli).

Una successiva legge, la n. 47 del 17.03.1985, ha introdotto nel nostro ordinamento l’obbligo di menzione urbanistica all’interno dell’atto di negoziazione immobiliare. Difatti l’art. 40 di tale legge, al secondo e terzo comma, prevede:

Gli atti tra vivi aventi per oggetto diritti reali, esclusi quelli di costituzione, modificazione ed estinzione di diritti di garanzia o di servitù, relativi ad edifici o loro parti, sono nulli e non possono essere rogati se da essi non risultano, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi della licenza o della concessione ad edificare o della concessione rilasciata in sanatoria ai sensi dell’articolo 31 ovvero se agli atti stessi non viene allegata la copia per il richiedente della relativa domanda, munita degli estremi dell’avvenuta presentazione, ovvero copia autentica di uno degli esemplari della domanda medesima, munita degli estremi dell’avvenuta presentazione e non siano indicati gli estremi dell’avvenuto versamento delle prime due rate dell’oblazione di cui al sesto comma dell’articolo 35. Per le opere iniziate anteriormente al 1° settembre 1967, in luogo degli estremi della licenza edilizia, può essere prodotta una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, rilasciata dal proprietario o altro avente titolo, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 4 della legge 4 gennaio 1968, n. 15, attestante che l’opera risulti iniziata in data anteriore al 1° settembre 1967. Tale dichiarazione può essere ricevuta e inserita nello stesso atto, ovvero in documento separato da allegarsi all’atto medesimo. Per gli edifici di proprietà comunale, in luogo degli estremi della licenza edilizia o della concessione di edificare, possono essere prodotti quelli della deliberazione con la quale il progetto è stato approvato o l’opera autorizzata. Se la mancanza delle dichiarazioni o dei documenti, rispettivamente da indicarsi o da allegarsi, non sia dipesa dall’insussistenza della licenza o della concessione o dalla inesistenza della domanda di concessione in sanatoria al tempo in cui gli atti medesimi sono stati stipulati, ovvero dal fatto che la costruzione sia stata iniziata successivamente al 1° settembre 1967, essi possono essere confermati anche da una sola delle parti mediante atto successivo, redatto nella stessa forma del precedente, che contenga la menzione omessa o al quale siano allegate la dichiarazione sostitutiva di atto notorio o la copia della domanda indicate al comma precedente”.

E’ necessario, a parere dello scrivente, riportare anche il disposto dell’art. 41 della suddetta legge, che stabilisce: “Ai fini della commerciabilità dei beni, possono essere stipulati gli atti aventi per oggetto diritti reali relativi ad immobili la cui la costruzione sia stata iniziata successivamente al 1° settembre 1967 per i quali sia esibita idonea certificazione rilasciata dall’autorità competente che attesti l’avvenuto integrale adempimento delle prescrizioni dei provvedimenti sanzionatori adottati ai sensi dell’art. 41 della legge 17 agosto 1942, n. 1150, modificato dall’art. 13 della legge 6 agosto 1967, n. 765, per il caso di opere eseguite senza la licenza di costruzione o in base a licenza annullata, e ai sensi del nono comma dell’art. 15 della legge 28 gennaio 1977, n. 10. Degli estremi dei documenti esibiti dovrà farsi menzione in atto”. Il D.P.R. n. 380/2001 ha rafforzato tale previsione normativa, andando a specificare, all’art. 46, che “gli atti tra vivi, sia in forma pubblica, sia in forma privata, aventi per oggetto trasferimento o costituzione o scioglimento della comunione di diritti reali, relativi ad edifici, o loro parti, la cui costruzione è iniziata dopo il 17 marzo 1985, sono nulli e non possono essere stipulati ove da essi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi del permesso di costruire o del permesso in sanatoria”.

Pertanto:

  • un atto di compravendita rogato prima del 17.03.1985 era, ed è, perfettamente valido ed efficace anche se privo della menzione dei provvedimenti abilitativi dell’immobile oggetto della compravendita;
  • in un atto di compravendita rogato dopo il 17.03.1985, avente ad oggetto un immobile la cui costruzione risulti iniziata prima del 1985 e prima del 01.09.1967 (entrata in vigore della cd. legge Ponte), è necessaria la dichiarazione sostitutiva di atto notorio da parte del venditore, e non è pertanto necessaria la menzione del titolo urbanistico-edilizio
  • in un atto di compravendita rogato dopo il 17.03.1985, avente ad oggetto un immobile la cui costruzione risulti iniziata prima del 01.09.1967, è necessaria la menzione del titolo abilitativo, a prescindere dall’eventuale presenza di qualsivoglia abuso.

In quest’ultimo caso va anche precisato che, la mancanza nell’atto dei riferimenti del titolo, seppur effettivamente esistente (cd. requisito formale), determinerà automaticamente la nullità dell’atto, indipendentemente dal fatto che il titolo sia stato effettivamente conseguito. In tali casi viene in soccorso la statuizione dal 4 comma dell’art. 46 D.P.R. 380/2001, che prevede il cd. “atto di conferma“, che consente di sanare la nullità. Se difatti l’omessa indicazione nell’atto di quanto previsto dalla legge non è dovuta all’effettiva inesistenza della documentazione richiesta, l’atto nullo può essere confermato mediante un atto successivo che abbia la stessa forma del precedente e contenga l’omessa documentazione, a cura anche di una sola delle parti contraenti.